Via Nicola Calta s.n.c. | Località Nicola Calta | 07021 Arzachena - Sardegna
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Il Nuraghe Nicola Calta

Il Nuraghe più vicino allo stazzo dell’Abba Maistra è quello denominato Nuraghe Nicola Calta, dalla località omonima.

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Ha forma tronco-conica a “tholos” e risale all’età del Bronzo. A colpo d’occhio la pianta interna dovrebbe essere circolare.

A mio avviso ha una evidente funzione difensiva sia per la posizione, sul cucuzzolo di una montagna di granito, sia per le imponenti fortificazioni tutto intorno, oggi quasi del tutto nascoste da cespugli e alberi. Era in comunicazione visiva con altri nuraghi attualmente scomparsi.

La sua solida struttura è perfettamente aderente alla mentalità della gente della cultura di Arzachena in origine guerriera e pastorale e richiama l’mmagine di una società a sfondo aristocratico e individualistico organizzata in gruppi chiusi.

La prima volta che lo vidi era accarezzato da una pioggerellina leggera,quasi una nebbiolina profumata di mirto e lentischio. Qualche tempo dopo, con fatica, raggiunsi la costruzione strapiombante nel vuoto di centinaia di metri di roccia grigia.

Una scala di roccia circonda il lato ovest e consente la salita. Peccato che il lato ad est sia in parte franato. Lateralmente si scorge una grotta minuscola, perfettamente mimetizzata, che probabilmente era un posto di guardia.

La cosa particolare è che il nuraghe, a tronco di cono, sorge su un alto pianoro roccioso cosa che lo rende ancor più imponente. Sui lati più facili per l’avvicinamento si intravedono i resti di varie cinte murarie di sbarramento e protezione.Veramente un fortilizio imprendibile!

Il Nuraghe Nicola Calta è costruito in un punto strategico che domina da un lato il Fiume Liscia come vedetta contro le incursioni di popolazioni ostili.

A sud est del Nuraghe, un’altra montagna di granito custodisce numerosi ricoveri sotto roccia che, in caso di incursioni ostili, probabilmente servivano da rifugio per tutte le persone che lavoravano nei pressi, specialmente vecchi donne e bambini.

Il bestiame invece veniva spostato ad est, al sicuro nella valle che costeggia Monte Ruiu e guardato a vista. Per il nemico era molto difficile trovare sentieri di arrampicata in un terreno impervio e scosceso specialmente di notte. Le vedette  armate, dopo l’avvistamento dei razziatori, cominciavano un’interdizione, facile anche con pochi uomini, per ritardare i tempi dell’aggressione e consentire al Re pastore di arrivare in tempo per lanciare la controffensiva. Non si facevano prigionieri.

Lo “stazzo” gallurese

 

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I nostri ospiti sentono parlare spesso dell’Abba Maistra come di uno “stazzo gallurese”.

Il nome di “statio” compare in epoca romana nel “De Rerum Natura” di Tito Lucrezio Caro (94-50 a.C.). In origine indicava un luogo di riposo e raccolta del bestiame.

Nel basso impero molti signori per sfuggire alla crisi e alla turbolenza delle città si rifugiavano in questo piccolo regno patriarcale che aveva al centro la famiglia.

In epoche più recenti, se volessimo datare gli edifici più antichi presenti nel nostro stazzo, non potremmo andare più indietro del’600.

Se in origine lo stazzo possedeva un’economia chiusa,  tra l’800 e il 900 si aprì ai commerci.

La capacità produttiva e commerciale e la serenità del lavoro privo di tensioni sociali furono i cardini del successo di questo modello che proseguì con l’apertura verso il mondo cittadino attraverso un interscambio economico e culturale che si è fatto via via più fitto.

Il fascino dello stazzo conquistò anche Giuseppe Garibaldi che a Caprera impostò una vita secondo il modello del proprietario-pastore gallurese praticando anche l’apicoltura.

Noi in questa terra abbiamo trovato una sintesi dei valori della civiltà pastorale gallurese fatti di solidarietà, ospitalità, rispetto per la persona, di cui andiamo orgogliosi, soprattutto quando riusciamo a condividerli con i nostri ospiti.

 

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